Dichiarazione di guerra
Il governo Monti, governo di banchieri e padroni con il sostegno attivo di quasi tutto lo schieramento parlamentare, dopo la guerra contro i lavoratori del settore privato, ne ha dichiarato un’altra contro i lavoratori pubblici e, insieme, contro tutto ciò che di pubblico e sociale esiste in questo Paese.
Dopo le “riforme” delle pensioni e del mercato del lavoro, la guerra di sterminio prosegue contro i dipendenti pubblici e con lo smantellamento di ciò che rimaneva dello “stato sociale”.
Decenni di clientele, di collusione con le organizzazioni criminali, di sperperi di denaro pubblico attraverso appalti miliardari, di ruberie organizzate, di stipendi e pensioni d’oro elargite a manager e dirigenti incapaci e inefficienti nominati dai partiti al potere locale e centrale, milioni di euro spesi per ricchissime consulenze affidate agli amici degli amici. Ebbene, dopo tutto ciò, il risanamento dei conti dello Stato devono pagarlo ancora, come sempre, i lavoratori.
Il decreto che scatena questa guerra non è una manovrina, ma un taglio di 26 miliardi in 2 anni: la conclusione di un processo iniziato in epoca immemorabile, che sancisce la morte dell’idea stessa di Stato in qualche modo redistributore della ricchezza attraverso l’offerta (resa possibile dalle entrate fiscali) dei servizi di base ai cittadini.
Decimazione dei dipendenti, blocco dei salari e blocco di fatto delle assunzioni.
Dimezzamento del numero delle Province.
Per il 2012 e 2013: tagli per 3miliardi al Fondo sanitario nazionale; risorse tagliate del 5% per la fornitura di beni e servizi ospedalieri; 18mila posti letto azzerati negli ospedali; interi pezzi della sanità pubblica messi KO, con la chiusura di mille reparti ospedalieri, a causa dalla drastica riduzione dei trasferimenti di risorse alle Regioni.
Regioni, che verranno ulteriormente depredate di altri 2miliardi tra 2012 e 2013. Destino che riguarderà anche le Province per 1miliardo e mezzo e i Comuni per 2miliardi e mezzo.
Sotto la scure anche Tribunali, Procure, Uffici del Giudice di pace, uffici dell’Agenzia delle Entrate.
E ancora: taglio dei permessi sindacali, ferie imposte d’agosto, riduzione dei buoni pasto, ecc. Per contro, sono sparite parole come “tassa sui grandi patrimoni” e “tassazione degli affari finanziari”.
In Grecia, i lavoratori sono stati messi in ginocchio a partire dal pubblico impiego. Da noi, l’attacco al pubblico impiego, già iniziato ai tempi del ministro Brunetta, arriva a perfezionarsi adesso, come a coronamento dell’assalto al lavoro privato condotto dalla ministra Fornero. Ma, cambiando l’ordine degli addendi, il risultato non cambia: l’Italia sta andando verso la Grecia.
Padroni e governo vogliono farci credere che l’economia possa ripartire con milioni di disoccupati e precari, attraverso l’immiserimento feroce del salario e delle pensioni, l’esproprio dei diritti sociali e civili. A questa crisi ne seguirà un’altra e poi un’altra ancora, perché è il sistema che è malato.
Ora basta con le menzogne sull’ “equa distribuzione degli inevitabili sacrifici richiesti dai mercati”! Non c’è più spazio, né politico né sindacale, per patteggiamenti, attendismi o divisioni.
Sciopero generale, subito, di tutti i comparti pubblici e privati del lavoro dipendente, a oltranza se è necessario.
La lotta è per sopravvivere.
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