art 18 altro che battaglia demagogica

Proprio in Toscana abbiamo avuto la dimostrazione di cosa significherà l’aggressione all’art 18 dello Statuto dei lavoratori: L’A.D. dell’azienda multinazionale francese GEST che gestisce la Tramvia di Firenze e detentrice anche del pacchetto di maggioranza di  “Autolinee Toscane”, addirittura anticipando la riforma Fornero, ha licenziato in tronco il delegato Cobas aziendale richiamandosi alla “motivazione economica” (taglio di una linea). Ragione con la quale si potrà licenziare senza  possibilità di ricorso al giudice né obbligo di reintegro. Questo sarà l’utilizzo che faranno i padroni del “licenziamento economico” risolto con una manciata di mensilità a titolo di indennizzo.
In realtà, è un sistema per liberarsi di lavoratori “scomodi”, lavoratori anziani o con contatti regolari per non riassumere nessuno o, bene che vada, con contratti di apprendistato fino a tre anni.
La stessa sorte potrebbe toccare tra breve a 63 lavoratori di Quadrifoglio SPA, in caso di chiusura dell’impianto di Case Passerini.
Ma, come amano ripeterci governo Monti e sindacati filo padronali, la riforma non riguarda solo l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, ed hanno ragione!
È una riforma che mira ha dare la spallata definitiva all’intero sistema dei diritti e delle garanzie dei lavoratori dipendenti. Ci dicono che questa riforma sarà un passo decisivo per stimolare la crescita, per attirare investimenti dall’estero e per incentivare il lavoro ai giovani e alle donne.
E’ falso: gli stessi argomenti sono stati usati nelle precedenti riforme dal 1996 in poi (pacchetto Treu, Legge Biagi) risultato: milioni di precari, lavoro nero, disoccupazione, in particolare quella giovanile oltre il 31% e quella femminile oltre il 50%. Una crisi economica spaventosa che sta riducendo in miseria pensionati e salariati.
La riforma ridurrà ai minimi termini l’indennità di cassa integrazione: il Ministro Fornero vuole abolire quella in deroga e quella straordinaria per cessazione dell’attività aziendale, attualmente finalizzata a ritardare di 24 mesi il licenziamento, che, quando poi sopravviene, è indennizzato con la mobilità da 12 a 36 mesi (12 per chi ha meno di 40 anni; 24 per chi ha tra 40 anni e 50; 36 per chi ha più di 50 anni).
Nelle linee guida della riforma del mercato del lavoro è contenuta anche l’abolizione dell’indennità di mobilità, che dovrebbe essere gradualmente sostituita con una specie di indennità di disoccupazione, ribattezzata ASPI (Assicurazione Sociale Per l’Impiego). Indennità che, a partire dal 2016-2017, durerà soltanto 12 mesi per i licenziati con meno di 55 anni, 18 mesi per quelli con più di 55 anni, 36 mesi, pare ma non è affatto certo, per quelli con più di 58 anni. La prospettiva è il licenziamento di migliaia di lavoratori senza reddito e con la pensione che sarà ancora di là da venire!
Altro che “universalizzazione” degli ammortizzatori sociali, l’unica cosa che questa riforma universalizza è l’abolizione di qualsiasi garanzia sociale e salariale.
Accanto ai licenziamenti facili che chiamano “flessibilità in uscita”, si affianca la “cosiddetta “flessibilità in entrata”: il contratto prevalente sarà l’apprendistato che dovrebbe trasformarsi in tempo indeterminato solo dopo tre anni, ma senza nessuna garanzia che ciò avvenga essendo la regolarizzazione ad esclusiva decisione dell’azienda. Il rischio, o meglio la certezza, per chi entrerà nel mercato del lavoro dopo questa devastante riforma del governo a servizio delle banche e dei padroni, è di rimanere apprendisti per tutta la vita o licenziati.
 Confederazione Cobas Toscana

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